06 luglio 2006

Mi ricordo Mastroianni e i Peanutz

Mi ricordo, sì, io mi ricordo. La Tv, ma non Goldrake né Mazinga Z, bensì “La città delle donne”, e un quasi giovane Marcello Mastroianni che scende dal treno, abbandonando la moglie Elena, per seguire una misteriosa affascinante signora. Mi ricordo di Snaporaz, e poi risento le urla delle femministe che uguali a serpenti velenosi e sensuali danno il tormento a Snaporaz (Marcello). E ricordo un castello, quello di Katzone, santone del sesso dell’amore o forse solamente della sana scopata all’italiana: così prepotente il ricordo, o meglio il sogno di Fellini – uno dei tanti; e io che provavo per la prima volta il brivido del peccato e dell’estasi per giorni di malinconie e onanismo, sempre a domandarmi se più importante il cuore o la vagina. E ritrovo Snaporaz in un’aula di tribunale: femmine e ancora femmine, tutte pronte al pubblico linciaggio. Ma la vita è un sogno, giusto un incubo a occhi aperti, un inganno, la severità del risveglio e scoprire il mondo sempre uguale e tua moglie che ti è davanti severa e materna. E mi ricordo, sì: mia madre che tiene la mia mano nella sua. Ieri mi sembrava tanto grande quella mano, io volevo i Penautz e non Topolino. Era quasi impossibile trovarli quei fumetti sul finire degli anni Settanta: ma un bambino di otto anni certe cose non le capisce manco con gli schiaffi e i buffetti d’amore, solo vuole “le noccioline” da leggere sotto il letto. Io, Charles M. Schulz, quand’ero bambino, me lo immaginavo come Marcello Mastroianni, uguale uguale: me lo vedevo a disegnare le strisce, a dare una faccia all’imbranato Charlie Brown e al filosofico Linus e a quello che solo il pianoforte per Ludwig Van Beethoven, Schroeder. Snoopy, già!, più nevrotico lui di un Freud sceverato del suo lettino per i pazienti in psicanalisi. E Sally ingenua più che mai, e l’insopportabile maschiaccio Piperita Patty, ma anche Sally e la sua bella ingenuità che vorresti non avesse mai fine; e poi ancora Marcie riflessiva, un po’ saffica e platonica: la città delle donne delle “noccioline” era pure la mia. Pure la mia, sì. (Ricordo di Giuseppe Giannozzi)

04 luglio 2006

Mi ricordo le fiabe

Mi ricordo le fiabe sonore della Fabbri Editori. Mi ricordo del mangiadischi arancione che portavo a tracolla e di quella sigla iniziale che mi faceva cantare A mille ce n'è nel mio cuore di fiabe da narrar venite con me nel mio mondo incantato per sognar non serve l'ombrello, il cappottino rosso la cartella bella per venir con me basta un po' di fantasia e di bontà Draghi, principesse, orchi, boschi, fate. Il mio mondo stava in quei 45 giri e in quei libri che leggevo portando il segno per un po’, fino a quando le voci che uscivano da quei dischi non prendevano corpo e diventavano una specie di cartone animato che si svolgeva tutto nella mia testolina. Vivevo ogni fiaba che ascoltavo e, col senno di poi, devo ammettere che facevo fatica a distinguere la realtà dalla mia immaginazione. Ma tutto era così prepotentemente vero; le paure, le gioie e il mare di sensazioni che quelle storie mi suscitavano erano sensazioni autentiche. Come potevo pensare che fosse tutto frutto della mia fantasia? Direi che anche oggi mi faccio molti film di cui sono l’unica spettatrice, senza neanche l’input di una fiaba sonora… ma siamo tutti un po’ bambini, no? (Ricordo di Pannonica)